venerdì 15 maggio 2009

Vittorio Veneto sempre più isolata

Da tempo la Stazione dei Treni Vittoriese giace abbandonata, non c’è più la biglietteria e si presentano sempre più continui ritardi dei treni e troppi continui problemi sulla tratta, aperta il 15 aprile del 1879 su pressioni della Vittorio Veneto dell’epoca, con il supporto degli altri paesi contermini tra cui l’allora piccolo centro di Conegliano
Ma poi le cose sono cambiate e da dopo la guerra la nostra Città ha costantemente perso tutti i centri di sviluppo vitale in favore di Conegliano che da tempo ci ha assai superato anche in popolazione.
E la logica del profitto, del chi grida più forte (tra la mediocrità dilagante che distacca le persone di cultura, oneste e decise dalla politica), della lottizzazione e degli interessi di parte che da decenni prevalgono.
E’ da tempo evidente che Trenitalia vorrebbe cessare la linea che serve Vittorio Veneto in favore di quella che passa per Feltre: stato ed “organizzazione” della tratta e della nostra Stazione lo testimoniano quotidianamente.
Ma cosa faranno quanti si servono della linea per lavoro e soprattutto il nostro unica speranza di futuro, i giovani che studiano all’università con sacrifici delle famiglie ?
Spero solo che Trenitalia non attenda la tanto vagheggiata “Fusione” tra ATM e LA MARCA per chiudere definitivamente la nostra ferrovia, costringendo i pendolari ed i nostri studenti a servirsi per parte del viaggio delle autocorriere a tempi e costi maggiore e con l’ulteriore disagio del cambio e delle attese.
Non mi è infatti chiaro come mai in questi 10 anni di governo cittadino l’amministrazione uscente non abbia fatto la cosa più logica: portare la stazione di autobus e corriere in adiacenza della stazione ferroviaria, organizzando altresì un pur minimo servizio di taxi funzionante.
Tutti i prossimi candidati dovrebbero impegnarsi a non far saltare l’ultimo “tendine” che tiene ancora unita Vittorio Veneto non solo al suo ex comprensorio, ma soprattutto al territorio vivo e vitale; anzi a creare le condizioni per un ripristino di un efficiente servizio ferroviario.
Tra l’altro ai candidati, oltre allo sport del momento di far inciuci con gli “avversari”, è venuto in mente di usare la mia vecchia idea della Cabinovia che sfruttando la vecchia linea Italcementi unisca Vittorio veneto a Fregona in un itinerario paesaggistico ed enogastronomico ?

ancora su certi partigiani

Già nel post intitolato “flagelliamoci sempre” ho introdotto il tema dei momenti del Terrore Partigiano nelle nostre zone; desidero integrare con altre considerazioni a seguito di altre notizie comunicatemi da anziani residenti in città.
Persone vennero uccise, gettate vive con le mani legate, nel Canale della Vittoria, un canale artificiale dell’Enel che passa in città e le loro urla furono sentite di notte dai vicinanti.
A Revine persone vennero uccise a badilate.
In montagna persone furono costrette a scavarsi la fossa e poi bastonate e calpestate fino alla morte.
Manifesti, appesi ai muri delle strade, elencavano i nomi dei condannati a morte e gli pseudonimi di chi li aveva condannati; figuratevi quelle famiglie, quando vennero di notte a prelevare a casa loro il padre o dei figli o le figlie per stupri o processioni pubbliche, e il loro dolore quando già il giorno dopo i loro cari non si trovavano più.
Questi gruppi armati che, volendo darsi una parvenza di legalità mentre condannavano inappellabilmente a morte persone non in grado di difendersi né da alcuno difese, si autodefinivano tribunali, però mai firmarono le condanne né ogni altro atto con il loro nome, ma sempre si nascosero dietro nomi di fantasia, come altrettanto fecero i boia del Cansiglio e di altre foibe; esiste documentazione fotografica dei manifesti di proscrizione in cui si possono leggere sia i nomi dei condannati, sia gli pseudonimi di chi li condannò; comunque tanti anziani vittoriesi sono ben informati in merito, sia per esperienza personale sia per chiarimenti ricevuti da partecipanti dei fatti in questione, che hanno così voluto discostarsi dalle atrocità commesse, o per altre motivazioni.
A Vittorio Veneto non ci furono campi di sterminio nazzisti, anche se soldati regolari locali dopo l’8 settembre vennero deportati in campo di concentramento in Germania, tra i quali anche un mio zio; ma la caserma Gotti di Vittorio Veneto divenne invece il luogo di concentramento di prigionieri; oltre alle botte e torture, di cui persino mio nonno fu oggetto anche se in extremis fu liberato, e quindi salvato, da un partigiano suo ex allievo, partigiani prelevarono buona parte dei prigionieri per portarli nei luoghi di sterminio: molti vittoriesi e qualche sopravvissuto ricordano come le ambulanze, il mezzo usato per camuffare il trasbordo dei prigionieri dalla prigione ai luoghi di morte, andavano e venivano in continuazione portando alla morte il loro carico umano sacrificale; a tanti vittoriesi sono anche ben noti i nomi degli organizzatori di tale sterminio.
Sì, proprio di sterminio si deve parlare, perché nell’Italia del tragico momento, caduto il governo fascista e con gli Angloamericani da una parte ed i Russi dall’altra, la sinistra partigiana (agli ordini di una potenza straniera che di fatto tenterà di impadronirsi dell’Italia) per lo più con il supporto dei partigiani bianchi che individuavano le personalità da sopprimere lasciando che poi la furia rossa si scatenasse su chiunque, pianificò e tradusse nei fatti una vera e propria operazione di eliminazione fisica organizzata, città per città, di quanti avevano avuto a che fare con il fascismo, non solo per motivi politici, al fine di realizzare una vera e propria operazione di sostituzione; si pensi a quanti furono uccisi solo per sottrarre le loro proprietà, per subentrare al posto loro nei luoghi di potere, o per semplici invidie personali con tanta cattiveria.
Quando un esorbitante numero di italiani erano già stati trucidati, anche ben dopo il 45, solo allora interventi esterni mediarono per cercare di rallentare il quotidiano macello.
Non dobbiamo meravigliarci dell’operazione di sostituzione di quei tempi lontani e drammatici, dato che certa sinistra, anche in tempi più recenti, non ha esitato ad eliminare fisicamente magistrati, giornalisti, studenti ecc, ed addirittura in questi ultimi anni ha programmato ed attuato una vera e propria creazione/occupazione/sostituzione dei punti strategici al Potere, tant’è che ogni governo si trova comunque a dover fare i conti con gli apparati che gli remano contro.
Fa specie comunque apprendere che, quando un commando nazzista era in città nessun partigiano abbia mai nemmeno provato ad attaccare l’esigua ronda.
Va ricordato che lungo il Menarè, strada che congiunge Vittorio Veneto con Conegliano, vennero bloccati i resti di una colonna tedesca in fuga; uccisi i militari, alcuni partigiani si spartirono un enorme bottino d’oro, da cui trassero le basi per le loro attuali ancora maggiori fortune economiche, per cui vennero soprannominati “Conti Colonna”; mentre a Villa Chigiato altri capi si divisero casse di oro trovate presso la sede del Comando Tedesco; anche costoro però tennero per sé l’oro, in barba ai loro dogmi politici, senza dividerlo con la gente affamata.
Per chi volesse apprendere qualcosa di diverso dal panettone infarcito dai vincitori fin dalle scuole elementari, vada ad esempio a leggersi “Storia della guerra civile in Italia” di G. Pisanò ed. FPE Milano 1972 , “I giorni di Caino” di A. Serena Libreria Manzoni , “ il vero volto della Guerra Civile” da GENTE Settimanale di politica, attualità e cultura – Suppl. al n. 9 del 3 Marzo 1961 ed. Rusconi, oltre ai libri del partigiano Pansa.
Nonostante tanto odio e tragedia, ricordo che mio padre, europeista convinto, invitò a casa nostra una nota personalità locale, medaglia d’oro al valor partigiano, degnissima persona per quanto ne so, per cercare un avvicinamento tra le parti, poiché ancora in quegli anni (mi pare fosse tra il 63 ed il 65) riteneva fondamentale per il futuro di questo Paese riavviare una pacificazione e riunificazione degli uomini; anche lo scrivente qualche anno fa ci ha provato, ma senza esito; ritengo che ai tempi di mio padre la motivazione principale dell’insuccesso sia consistita negli enormi interessi economici in gioco negli alti potentati politico-economici; da allora, però, vari personaggi hanno vagabondato da una parte all’altra degli schieramenti politici, e quindi, specie nei paesi, sono rimasti per lo più solo anziani combattenti a non volere alcuna rivisitazione della storia, o perché dopo oltre 60 anni ancora imbevuti d’odio o perche preoccupati della riapertura del vero libro della Storia.
Giustizia avrebbe voluto che tutti i responsabili di atrocità, di qualunque parte, fossero condannati a pagare la giusta pena; il destino creato dagli uomini ha invece voluto, come sempre, punire solo una parte, spesso con la morte e o perseguitando persone innocenti e famiglie, e lasciare completamente impunita l’altra, per lo più non cercando i colpevoli delle note stragi, amnistiandoli quando non si era potuto evitare di cercarli (anche se l’amnistia non cancella l’efferatezza del reato… vedi la condizione del tristemente famoso partigiano detto il Biondo riguardo ai fatti di Oderzo).
Lo scrivente è della convinzione che ormai, trascorsi tutti questi anni, sarebbe comunque assurdo imprigionare anziani, o addirittura dei vecchi, ancora vivi anche se rei confessi; lo scrivente, da cristiano credente, non crede nelle vendette finali o postume ma, convinto che la Verità emerge, crede nel perdono; d’altra parte ritiene anche che chi sia sopravvissuto fino ad oggi, dopo aver commesso simili atrocità, debba aver già scontato, in vita e con sé stesso, parte della pena cui sarà poi chiamato a render conto a ben altro Giudice.

Farsa Consiglio Comunale

Una diatriba ormai sul tipo di Don Camillo e Peppone ci coglie ad ogni incontro pubblico tra la consigliera Costantini e il Sindaco Scottà; molto meno farsesca e molto più patetica quella di ieri sera in Consiglio Comunale di fronte ad un pubblico numeroso.
La Storia: nel precedente Consiglio Comunale una signora del pubblico, infrangendo il regolamento comunale che vieta gli interventi al pubblico, ha gridato “vergognatevi”; un consigliere ha sporto querela e la signora ne ha quindi subito le prevedibili conseguenze.
Pareva finita lì, mercoledì sera la professoressa Costantini promuoveva una furba mozione secondo la quale il Consiglio, con la scusa di precisare che la querela era stata fatta solo da un consigliere, di fatto avrebbe preso le distanze dal consigliere querelante.
La Maggioranza, invece di rigettare la mozione per il motivo più semplice e logico - la querela era firmata non dal Consiglio Comunale né da una sua Parte ma da un singolo consigliere (che, così facendo, se n’è assunta ogni responsabilità alla pari con la signora del pubblico che aveva gridato consapevole di infrangere una norma)- sottolineava con alcuni interventi quanto si fosse invece sentita offesa dalle parole della signora.
Certo questi sono tempi difficili, per chi cerca di riconquistare consensi alla Sinistra (non mi pare però il modo…) ma, credo, non si debba mai dimenticare un po’ di moderazione anche in campagna elettorale; sono tempi difficili anche per chi ritiene di lavorare con impegno, ma serve un po’ di sano humor.
Né alcuna maggioranza è mai riuscita a tappare la bocca a chi voleva dire la sua, magari anche senza ragione, se non usando l’autorità costituita , che però meriterebbe esser esercitata verso altri obiettivi.

Fondazione Benetton "Luoghi di Valore 2008"

Nel bando 2008 del Concorso Luoghi di Valore, organizzato dalla Fondazione Benetton Studi e Ricerche, si chiedevano segnalazioni di luoghi pubblici e privati letteralmente per elevare “la cultura il gusto e la qualità della vita delle persone e delle comunità che li abitano e li visitano”…e…”segnalazioni che contengano informazioni e testimonianze adeguate a comprendere lo stato di salvaguardia e di valorizzazione dei luoghi medesimi”
Dalla lettura del bando si evinceva che finalmente qualcuno si interessava all’Italia minore, a luoghi poco noti ma fortemente significativi e da salvaguardare nella provincia di Treviso; non dunque le solite opere monumentali già ampiamente pubblicizzate e tutelate da Comuni Provincie e Soprintendenze e già segnalate in ogni tipo di guida; e poiché non si trattava di un concorso di fotografia non c’erano neppure motivazioni congruenti per segnalare ancora palazzi signorili, antiche vestigia ampiamente note e già ordinate in specifici archivi e/o pubblicizzate su libri, opuscoli turistici ed enogastronomici, siti web.
Contento di partecipare ad un concorso finalizzato a promuovere siti meritevoli e bisognosi di protezione che, per di più, non prevedeva premi per i vincitori, ma la sola grande soddisfazione di aver collaborato alla “salvaguardia di nostre memorie di zona trascurate”, in data 6 maggio 2008 presentavo elaborati grafici foto e video.
Segnalavo una zona di laghetti di risorgiva ed antiche vie d’acqua del fiume Meschio, posta tra il “fondon” e il campo di recupero dismesso dei “dodese pont”, in parte minacciata dalla faraonica rotonda e svincoli relativi in progetto all’uscita del traforo di Serravalle, di dimensioni insensate (diametro maggiore ca. 130 m) e per di più non prevista in corrispondenza dell’incrocio con la strada della Vallata (per il traffico in arrivo e dal casello nord).
Zona pregna di Storia, con le famose risorgive ed antiche vie d’acqua, ricca di flora e fauna assai particolari, un eco ambiente unico e meraviglioso anche dal punto di vista paesaggistico, assolutamente da tutelare: già era stata oggetto negli anni 70 di attacco terroristico ambientale con la costruzione di una fabbrica, e da lì era iniziato lo sfacelo cui si erano aggiunte discariche private di materiali vari.
Nel frattempo il corso del fiume Meschio veniva dichiarato SIC (Sito di Interesse Comunitario) e l’Associazione Pescatori del fiume, che ne ha in concessione lungo tratto a riserva di pesca, andava a salvaguardare particolarmente il tratto di fiume nella parte nord, che comprende la zona segnalata, ponendo serie regolamentazioni di pesca sportiva e riambientando la trota marmorata, originaria del sito, assai rara; anche in considerazione del fatto che vivono ancora lo scazzone del meschio (marson) e soprattutto la lampreda di fiume ormai rarissima in tutta Europa.
Insomma la segnalazione era fatta al fine di coinvolgere la comunità ambientalista e culturale e le Istituzioni sul rispetto di luoghi ancestrali ed unici che debbono poter convivere, con almeno pari dignità, con le necessarie opere del progresso.
Alla grande maggioranza dei partecipanti non interessava vincere ma speravano in una grande opportunità per far conoscere i luoghi segnalati come motore della loro salvaguardia.
Poi la solita conferma dell’italianità.
L’Organizzazione oltre a tenere un paio di incontri, in cui si è parlato di tutto e di nulla anche se con sfoggio di oratoria, ha predisposto una mostra delle segnalazioni pervenute, non ha diffuso ai Media tutti i luoghi segnalati, né venivano portati a conoscenza i Sindaci dei luoghi segnalati; alla fine una giuria ha premiato ambiti già oggetto di grande conoscenza pubblica, siti in adiacenza ad importanti percorsi sportivi ed enogastronomici, con innumerevoli segnalazioni pubbliche e sul web, già inseriti negli archivi delle grandi ville venete, ed attorno cui girano per lo più grandi interessi economici di turismo agroalimentare.
Piove sempre sul bagnato…

Lorenzo Manzoni Cavaliere al Merito della Repubblica


Vittorio Veneto 30 Maggio 2006 Al Sig. PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
S. Eccellenza Sen. GIORGIO NAPOLITANO

Sig. Presidente,
Le scrivo per chiederLe di conferire un riconoscimento al sig. Lorenzo Manzoni.

Nato a Vittorio Veneto il 9 giugno del 1935, già orfano a 8 anni di padre (ucciso da un partigiano per motivi non politici) circa 40 anni fa partì per l’Argentina munito solo del suo diploma di Perito Elettrotecnico. Lorenzo Manzoni dopo anni di assenza dall’Italia, ritornò in patria nel 1980 e, non riuscendo a trovare nessuno che l’assumesse regolarmente nonostante l’esperienza lavorativa, per sopravvivere si tirò su le maniche e si adattò a lavori non consoni al suo titolo di studio, conseguito in ben altri anni. Qualche anno fa si ammalò gravemente di tumore alla prostata e di Parkinson e tuttora sopravvive grazie ai farmaci ma, soprattutto, all’indomito coraggio.
Proprio l’indomito coraggio, lo spirito di servizio e di solidarietà che lo hanno accompagnato per tutta la vita, lo hanno spinto a ritornare ad aiutare i poveri della sua ex Argentina, in occasione delle gravi vicende economiche vissute dal Paese, come e forse più di quanto già aveva fatto quando viveva in quel Paese lontano dalla sua Patria ma pieno di Italiani. E così in questi ultimi anni Lorenzo Manzoni, pur gravemente malato, con le disponibilità economiche minimali dategli dalla semplice pensione, facendosi aiutare dalla donna con cui convive dal suo rientro in Italia, anch’essa anziana e gravemente sofferente di una dolorosa artrosi, ha cominciato a bussare alle porte di tante aziende del Nordest ed a Ospedali e Farmacie, a raccogliere generi alimentari di prima necessità, vestiti, medicine; da soli hanno insieme preparato una infinità di piccoli pacchi di generosità per l’Argentina, in particolare per le zone più povere e più colpite del Rio Negro e di Buenos Aires, inviandoli a proprie spese (parte via terra, parte per Aereo) senza ricevere alcun aiuto organizzativo, logistico, burocratico né economico da nessuna Istituzione Pubblica Italiana, da nessuna Associazione, da nessun Partito (in certi casi persino intralciati da politici che non gradivano l’operato indipendente di Lorenzo Manzoni).
Quanto ha fatto in questi ultimi anni il sig. Lorenzo Manzoni mi pare dunque altamente meritorio, sia per la quantità di aiuti fatti pervenire alla popolazione, sia per la scarsità dei mezzi ma, soprattutto, per la sorprendente capacità organizzativa concretizzata da due anziani malati certamente non benestanti; assurge quindi ad esempio di coraggio, buona volontà, capacità organizzativa, spirito concreto di solidarietà: in tre parole ESEMPIO DI ITALIANITA’.
Ciò detto Le chiedo, SIGNOR PRESIDENTE, di considerare quanto descrittoLe e di gratificare questo Italiano, anziano e malato, con un riconoscimento adeguato. Allego, in copia, ritagli di giornale e ringraziamenti pubblici Italiani e dall’Argentina, e 2 foto recenti del sig. Lorenzo Manzoni; resto a disposizione per integrare quanto testé descritto.
In attesa di una Sua cortese risposta Le porgo i nostri migliori saluti unitamente ai migliori auguri di proficuo lavoro per il Settennato Istituzionale della più alta e significativa carica dello Stato che l’attende.
Dott. Arch. Flavio FRANCO

Ho poi fatto seguire altre lettere e comunicazioni.
Fino all’arrivo della Comunicazione da Roma che segue ed alla consegna da parte del Sindaco di Vittorio Veneto dell’ambito riconoscimento.

Ringrazio il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e quanti si sono adoperati per conferire al Sig. Lorenzo Manzoni il Cavalierato al merito della Repubblica.