venerdì 16 ottobre 2009

CONVEGNO PIANO CASA GIUSEPPINE

L’esperienza, fatta come membro dei Beni Ambientali nella Commissione Edilizia di Cison di Valmarino, con personaggi del calibro dell’avv. M.D. Bottari e dell’arch. L. Bottan, per seguire tutta l’opera di restauro di Castelbrando è stata formativa; poi a Tarzo durante il commissariamento del Comune e quindi con il nuovo corso Amministrativo del Sindaco Bof, che mi ha confermato membro dei Beni Ambientali richiedendo in modo illuminato una Commissione che andasse incontro ai Cittadini, mi hanno insegnato molte cose. È mia profonda convinzione che la Commissione Edilizia non debba divenire un mezzo per favorire i potenti e vessare i colleghi né, tanto meno, un’arma contro i cittadini ma, al contrario, deve funzionare come strumento flessibile finalizzato ad aiutare tutti i cittadini, nel rispetto dell’ambiente, a realizzare le loro legittime necessità. L’operare, ad esempio, del Comune di Valdobbiadene, che non dice di no alle soffitte, come tanti Comuni, ma permette la costruzione di soffitte praticabili che fanno contenti i cittadini e portano denaro, come oneri, nelle casse del Comune, dimostra che intelligenza e disponibilità politica ed amministrativa mettono d’accordo Amministrazione Pubblica e cittadini.
Sono rimasto sconcertato da alcuni discorsi fatti al convegno sul Piano Casa Regionale dall’avv. Bruno Barel, tali da far esclamare ad alcuni partecipanti: “ma a Vittorio sono ritornati i comunisti ?”; le osservazioni, deduzioni ed i rischi di megavolumetrie incombenti da lui paventati cozzano, a mio parere, contro la realtà delle cose nei centri della provincia veneta: nelle nostre zone l’aumento del 20% della volumetria si risolverà per lo più nell’incremento di volume pari ad una stanza (quante grosse imprese stanno fallendo in questi giorni?); e tutte queste Sue paure sono la fotocopia delle affermazioni del centrosinistra, all’opposizione, rivolte al Governo Regionale.
Certo nasceranno nuovi problemi: ad esempio, nella stesura della Legge 10 ed ex 46, la nuova stanza realizzata in ampliamento potrà essere allacciata all’impianto di riscaldamento della casa che, forse, ha ancora una vecchia caldaia a gasolio: in tal caso si dovrà redigere la progettazione per la sola stanza o di tutto l’impianto (con tutte le problematiche connesse)? E tanti altri del genere che si dovrebbero risolvere con disponibilità e buon senso (merce assai rara).
Ad una Sua domanda al pubblico, retorica in quanto pareva ritenesse scontata la risposta, in cui egli ha chiesto se saremmo felici, a Vittorio Veneto, di veder realizzata una nuova volumetria con aumenti fino al 40% del volume dell’Italcementi io, da architetto, creativo con grande senso dell’etica che non si fa limitare dai pregiudizi, ritengo di poter invece rispondere: 1- se tale struttura, e relativo incremento di volumetria, fossero regalati ai soliti noti per farne appartamenti speculativi la risposta sarebbe ovviamente no (ma qui non c’entra il Piano Casa, semmai dovremmo chiederne conto a chi governa e controlla la città); 2 - se invece qualche Istituzione pubblica o privata volesse farne una nuova, vera, struttura sociale o turistica per la Città sarebbe da imbecilli non dare l’appoggio a tale iniziativa. Ogni norma può essere usata per il peggio o per il meglio (il famoso libero arbitrio…) ma i pregiudizi limitano la comprensione e la soluzione dei problemi.
Vediamo, dunque, per una volta di partire dal concetto positivo che il Piano casa sia stato pensato per muovere l’economia e funzionare come metodo di recupero di tanta edilizia speculativa, ormai obsoleta, e per spingere l’uso delle tecnologie di recupero dell’energia, senza comunque bendarci gli occhi di fronte alle superficialità ed incongruenze tipiche dei piani di urgenza e, ahimè, del legiferare contemporaneo…Prendiamolo come occasione, unitamente all’uso delle energie rinnovabili, per ridisegnare l’immagine architettonica delle nostre Città (in ciò sono d’accordo con l’avvocato), ripartendo con umiltà dallo studio classico per creare nuovi modelli, con il metodo dei piccoli passi e non della continua rivoluzione: la Porsche, nata negli anni 50, è stata oggetto nel tempo di continui miglioramenti tecnici e stilistici, non di continue rivoluzioni.
Dagli anni 70 nel nostro Paese è invece imperversato il modello (di sinistra) della rivoluzione ad ogni costo. Nella Scuola, nel Lavoro, nel Sociale, nella Giustizia la parola d’ordine è stata sempre “sperimentazione continua”, senza però poi mai fermarsi a farne un bilancio, a vedere se i metodi usati avessero conseguito i risultati prefissati per divenire poi al potere, in ogni campo, i più severi negazionisti; ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti: una scuola che per garantire ritmi su misura dei più limitati toglie interesse ai più dotati, continua a sfornare ignoranti, produce sempre più disoccupati anche se con la laurea, con il conseguente risultato di aver spinto gli italiani verso i lavori d’ufficio disertando la grande risorsa del lavoro manuale, specie edile e del mobile, che ci aveva fatto grandi nel mondo; nel lavoro la quasi perequazione degli stipendi del giovane apprendista con il capo squadra, con decennale esperienza, hanno distrutto i meccanismi di apprendimento del lavoro e di corretta gerarchia; nella società l’appagamento dell’io ha distrutto ogni possibilità di aggregazione: la famiglia prima di tutto, poi la Fede ed i comportamenti sociali ne stanno pagando le irreparabili conseguenze; nella giustizia il buonismo ha lasciato e continua a lasciare liberi di delinquere schiere di recidivi. Nell’edilizia il modello del “Contenitore”, così dagli anni 70 sono chiamati i nuovi blocchi edilizi delle città realizzati con la sola funzione di contenere il popolo, quasi questo fosse una quantità da mettere dentro in qualche cosa e non un insieme di singole persone con singole necessità e uguali diritti, ha distrutto il senso dell’urbanesimo classico nato nella nostra Patria quando gli altri popoli vivevano ancora una vita seminomade.
Un altro grave problema è la massa continuamente innovata di materiali da costruzione, i quali vengono scelti spesso per comodità costi o moda, non essendo stato possibile testarli adeguatamente nel tempo, tutti regolarmente certificati come duraturi e, soprattutto, bioecocompatibili: ricordiamoci che la casa, specie con i prezzi odierni, costa enormi sacrifici di una vita e dovrebbe essere fatta per durare almeno una vita, specie se pensiamo che gran parte della popolazione vive in case che di generazioni ne hanno vissute tante! E che l’Ambiente va salvaguardato. Attenzione dunque, poiché oggi si deve rimuovere l’Eternit, causa di tante crudeli morti!
Siamo chiamati ad una scelta su case di durata limitata o case rinnovabili nel tempo da lasciare ai figli: vista la nostra tendenza a copiare il sistema americano consumistico ed il Mercato che la fa da padrone, si fanno già case che non durano al prezzo di case durature; l’introduzione di nuove metodologie, per il risparmio energetico e della sicurezza antisismica, faranno ulteriormente fluttuare il prezzo; il tema merita quindi un grande momento di riflessione collettiva ma in particolare di chi imprende, pena la sua rapida scomparsa.
Per quanto riguarda il libretto della casa, tanto strombazzato come certificato di qualità, non dimentichiamo che i libretti delle auto e quelli delle medicine, entrambi da sempre esistenti, non dicono tutta la verità, infatti le auto consumano molto di più di quanto le Case automobilistiche dichiarano e le medicine non ottengono i risultati che promettono, quando almeno non creano gravi danni; ma certo visto che il cosiddetto consumatore informato è stato ormai predisposto (di persone che sappiano muovere le mani ce ne sono ormai ben poche, la maggioranza è stata resa non in grado di comprendere da sola le diversità e quindi si fida di quanto gli dicono i programmi,sponsorizzati, della TV) a pretendere il libretto della casa, sicuramente esso perverrà anche a creare nuova confusione, attestando magari come bravi costruttori vecchi speculatori più evoluti in campo pubblicitario, e gettando nella pattumiera piccole aziende storiche che, meno consce della attuale importanza del marcheting, hanno fatto della qualità edilizia il loro unico standard. Ma non sono forse i “geni” del hard marcheting i responsabili dei fallimenti di oltre 94 banche in dieci mesi del 2009 negli Stati uniti ? E’ d’obbligo anche qui una profonda riflessione.
Se poi ci mettiamo anche a sproloquiare di qualità estetiche dell’architettura (avvocato, lasciamolo almeno fare agli architetti…) vagheggiando un territorio di case modello alla F.L. Wright, ed incolpando i progettisti del basso livello generale, anche se qualche parte di verità in ciò c’è, non possiamo dimenticare alcuni punti fondamentali: A- il diluvio normativo, B - la “qualità” della committenza, C - il potere del mercato, D - l’efficacia dell’ente pubblico di controllo, E – la qualità dei progettisti.
A -Per diluvio normativo intendo una massa di introduzioni legislative, spesso malfatte ed in contrasto, che ogni giorno giungono attraverso internet a rendere la vita impossibile a progettisti ed uffici di controllo, con unico risultato l’aumento dei costi progettuali, l’affaticamento delle pratiche e la corsa alla deresponsabilizzazione dei funzionari pubblici; un esempio recente: recinzione in pali di legno e rete metallica di una casetta in collina, spessore cartellina 12 cm., pratica comunale, pratica beni ambientali, pratica comunità montana, pratica guardia forestale; tempo complessivo per il permesso 9 mesi, tempo per la realizzazione 4 gg. di lavoro; e non parliamo dei costi…In tale marasma il progettista si ritrova a preoccuparsi più degli aspetti burocratici formali che delle doverose istanze di bello e funzionale, cioè del bello e del buono, come lo definivano gli antichi Greci (kalos kai agathos).
B – I frutti della società industrializzata e commerciale li si vedono anche dai gusti dei nuovi ricchi: nelle case non c’è spazio per librerie sostituite dal mega schermo televisivo (per sorbire megastronzate, telenovelas e gli ordini subliminali dei poteri economici e politici); la casa e l’auto devono essere GRANDI e sfarzose (tipo Dallas) o minimaliste o retrò, poiché l’architettura d’oggi, immersa nella generale attuale decadenza di costumi e cultura, raramente sa e può vivere e condizionare il suo e nostro Tempo.
C - Tutti i bei discorsi sulla qualità poi, nel concreto, cozzano con gli interessi degli operatori economici dell’edilizia; come sperare fin tanto che le città restano prigioniere di imprenditori ignoranti, abituati ad operare in regime quasi di monopolio, a costruire su progetti “copia ed incolla” senza qualità edilizia ed architettonica ma con ricavi di ben altro livello, il cui unico interesse è un profitto ai più inimmaginabile ?
D – Il controllo pubblico si esplica troppo spesso in affaticamento delle pratiche, il cosiddetto “potere della burocrazia”, quando non si sottomette ai poteri forti, politici od economici; o peggio quando addirittura non diviene mano armata di una parte politica contro l’Amministrazione in carica; o quando risulta essenzialmente negazionista. I tempi di attesa devono drasticamente diminuire (per esempio a Vittorio Veneto le varianti urbanistiche 8 e 9, in dirittura di arrivo, sono state iniziate nel 2002, adottate nel 2004 e hanno atteso fino ad ora l’esito regionale, con il risultato che ora sono disponibili aree edificabili che, complice la crisi, non trovano al momento compratori) ed il risultato è sotto gli occhi di tutti: lungaggini a non finire, certificazioni, asseverazioni, montagne di carte, ma è assai raro riscontrare la qualità architettonica nel territorio: altro tema di riflessione importante; l’affaticamento burocratico sta infatti uccidendo il sistema Italia (in Germania per partecipare ad una gara di appalto si compila un A4 con alcune crocette…in Canada le pratiche sono velocissime e semplicissime, certo chi fa il furbo va in galera)
E – La qualità dei progettisti risente del degrado della scuola, della cultura, del mondo sociale; in una società che ha rinunciato a selezionare i migliori, l’appartenenza politica e l’amicizia con i potenti sono scelte quasi obbligate per il profitto, dato che l’obiettivo qualità viene strombazzato a destra ed a manca ma, nei fatti, l’unica cosa oggi ambita sono i soldi; a parte rare eccezioni la ricerca culturale di modelli artistici, tecnologici e funzionali lascia il posto ai soliti “acculturati” e vuoti convegni, a cui la maggior parte partecipa per essere presente ed i pochi interessati all’argomento se ne ritornano a casa regolarmente demotivati.
Pretendere poi che il D.L. denunci il suo cliente (decreto 380) per gli abusi è irrazionale, inverosimile e dimostra la rinuncia dello Stato a svolgere il suo compito e, contemporaneamente, la volontà di poter contare, comunque, su un capro espiatorio su cui riversare la dura mano della Legge e… le inevitabili sanzioni pecuniarie.
Quindi, avvocato, per favore non scagli le pietre solo contro i progettisti, altrimenti per rimbeccare potrebbero incolpare gli avvocati di qualità, tempi ed esiti dei processi, e gridare agli untori per tutti i delinquenti, piccoli e grandi, nostri ed importati, che circolano troppo liberi per tutto l’amato suolo nazionale (con questa battuta ho finito di tirare in ballo il mio caro compagno di scuola).
Ritornando dalle tematiche generali al convegno alle Giuseppine, è comunque degno di nota lo sforzo dell’Urbanistica del Comune di Vittorio Veneto di predisporre dei moduli di cosiddetta semplificazione che credo, comunque serviranno forse a semplificare l’iter agli uffici affaticando però ancor di più il solito professionista; mi preoccupa soprattutto l’asseverazione finale con cui si certifica che il progetto presentato, in regime di deroga del Piano Casa Regionale, è redatto in conformità del piano regolatore e del regolamento edilizio comunali: dal punto di vista penale, mi chiedo, cosa accadrà penalmente a quei progettisti che di fatto assevereranno operazioni assolutamente non previste, anzi in contrasto evidente con gli strumenti urbanistici comunali ma in regola con il Piano Casa? Qui sarebbe veramente gradito un parere legale.
Il Sindaco Da Re ha commentato dicendo che nella materia c’è tanta confusione ma, con grande semplicità, ha chiesto sinceramente il contributo dei partecipanti al convegno per trovare una linea di azione condivisa.
Spero che questo piano casa, pur nelle sue restrizioni congenite verso i centri storici, sia un’occasione, uno scalino nell’obiettivo di recupero dei centri storici e di sistemazione delle zone A, non un ulteriore problema; se si vuole davvero mettere in moto il recupero vitale dei centri storici bisogna riportarci gente, mestieri e commercio,vita non solo musei; e per poter conseguire questo obiettivo i legacci normativi e burocratici devono con coraggio e lungimiranza essere attenuati, non aumentare come invece sta succedendo; altrimenti trasformeremo i centri storici in vuoti monumenti cadenti continuamente bisognosi di cure con costi tra un po’, temo, insostenibili per la collettività.
Ritengo che, anche se i tempi sono strettissimi, dovrebbe essere nominata dal Sindaco una commissione ristretta supportata anche da rappresentanti dei liberi professionisti Cittadini.
Ringraziando per l’attenzione, la pazienza e, nella speranza di aver dato qualche modesto contributo, porgo i miei migliori saluti.
Arch. Dott. Flavio FRANCO