martedì 5 settembre 2017



Leggendo l’articolo dei giornali di oggi viene spontanea una battuta vittoriese: “l’é pezzo el tacon del bus”.
Si lamenta la riduzione di acqua nel fiume Meschio dietro piazza Meschio, si va ad eseguire (in clamoroso ritardo) la pulizia del letto in un maleodorante tratto stagnante, e si spera di risolvere il problema togliendo alcune pale da una vecchia bellissima ruota di mulino (certo non questo a lato nella foto in cui la ruota manca da tempo, ma quello vicino a via Pontavai, con la ruota bloccata che forse sarebbe più il caso di rimettere in ordine, sia per tutela storica di un ambito pregevole che per futuri usi , piuttosto che iniziare a demolire un altro elemento caratteristico alla faccia della tutela dei beni compresi in zona di vincolo paesaggistico e fluviale).
A parte il fatto che l’emergenza acqua è in tutta la penisola, la mia foto mostra un punto del fiume vicino al vecchio mulino ed alla nuova centralina, nel quale pesco da oltre 50 anni, quasi a secco e comunque con tutto il lungo tratto a seguire ad un livello mai così basso e stagnante, mai prima presente e certo non un ecosistema proprio di un fiume torrentizio come il Meschio.
Nessuno però menziona la nuova centralina di produzione di energia verso la quale è stata prelevata la maggior parte del flusso delle acque (anche con opere murarie corpose); quando il mulino “Bruni” era operativo il flusso delle acque scorreva comunque per la maggior parte nella sede del fiume (ora quasi in secca e stagnante) e solo una ridotta quantità veniva utilizzata dalla ruota a pale del mulino: la memoria ci assiste ancora e comunque è facilmente riscontrabile e calcolabile la proporzione andando a confrontare la condotta originale parzializzata di prelievo del mulino con quella attuale.
Fare lungo il corso dei fiumi centraline di produzione di energia idroelettrica, di cui c’è sempre più bisogno (anche a causa di un progresso tecnologico che viene solo subìto) è ad oggi cosa utile e certo migliore delle centrali a combustione e dei sistemi nucleari, se tutto viene realizzato nelle adeguate proporzioni e nel rispetto del bene comune; i progetti e le opere dovrebbero dare garanzie verificabili di un impatto minimo sull’ambiente, pur garantendo un legittimo riscontro economico che, comunque, non può e non deve essere l’unica molla e che gli Enti preposti hanno il compito ed il dovere di verificare e garantire anche a posteriori.
Non basta una scala di monta per i pesci, di fatto inservibile quanto inutile per uno stagno abbandonato dalle trote, per dare una “cipria” di rispettosità dell’ambiente. 
Inoltre, come per le nostre colline e monti che, morti i “veci” che le tenevano in ordine, giacciono dovunque in degrado, anche per il fiume in passato “persone” si occupavano con passione perizia e rispetto della regolazione delle varie chiuse/saracinesche.
Da tutte queste carenze, e da altre tecniche burocratiche e gestionali deriva anche il problema idrogeologico dei fiumi con carenze e piene con esondazioni.

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